La convivenza delle culture in Brasile attraverso l'opera di Jorge Amado
Fabio Porta
Foto Claudio Cammarota


«Perchè tutto quello scandalo, se una delle cose più ammirevoli del Brasile era, secondo la gringa, la capacità di comprendere e convivere? Tanto comune che donne sposate allevassero i figli spuri del marito, lei stessa conosceva alcuni casi sia fra gente povera che fra gente ricca. Lì vicino, nella stessa strada, donna Abigail non allevava la figlia di suo marito e di una tipa, e non lo faceva forse con la stessa tenerezza che riservava ai figli del suo proprio ventre ? Una bellezza, e che bellezza ! Per queste cose donna Gisa amava il Brasile e si era naturalizzata brasiliana ».

La convivenza di culture diverse, il miscuglio di razze, di gente ricca e povera, di colori, profumi e sopratutto sapori, sono gli ingredienti fondamentali usati da Amado per descrivere il suo paese. La sua Bahia de Todos os Santos caratterizzata dal gusto indimenticabile dei suoi cibi – nati dalla convivenza della tradizione africana dell’olio di cocco, quella portoghese del pesce e quella indigena delle farine – dai colori della sua gente – bianchi, neri e mulatti – dal suono del carnevale e dei riti del Candomblé.

Una terra antica, mitologica, sacra e profana, amata e detestata, contraddittoria  e violenta, ma sempre e comunque viva e vera. I personaggi che si muovono in questo scenario sono di tutti i tipi : medici, avvocati, vagabondi, puttane, proprietari di piantagioni di cacao, musicisti, vecchie comari, santi bevitori di cachaça e giocatori d’azzardo, a modo loro padroni del proprio destino ed eroi delle proprie esistenze.

Ed è proprio questa miscela di tanti caratteri  a fare del Brasile un paese accogliente, un paese in cui anche una « gringa » si sente a casa e può scegliere non solo di fermarvisi per sempre, ma di divenire addirittura brasiliana. Così mi sento anche io, brasiliano di adozione, innamorato di questa gigantesca terra, varia e vitale. "Mi dica un pò, lei che scrive sui giornali, perchè si deve sempre aver bisogno di due amori, perchè uno non basta a riempire il cuore?". Questa la domanda di Dona Flor in una lettera allo scrittore Amado all’inizio dell’omonimo romanzo. Questo il sentimento che sento nel mio cuore per l’Italia ed il Brasile. Entrambi casa, entrambi amore.

Ancora più curioso è condividere queste stesse passioni con la persona più vicina ad Amado, la sua amatissima moglie Zélia, descritta da lui stesso come « una coraggiosa, dolce, sensibile e vitale brasiliana […] che non ha mai smesso di essere la figlia di immigrati italiani, di lavoratori, conservando nel suo cuore pulito la fiamma di quel sogno che attraversò l’oceano». Figlia e nipote di veneti e toscani, che alla fine del XIX secolo lasciarono l’Italia e attraversarono l’oceano Atlantico per realizzare i loro sogni, nella speranza di un futuro migliore, Zélia Gattai ha sempre mantenuto forte il legame con la sua terra di origine, riuscendo però ad intrecciare la sua storia con quella del Brasile.

Il  viaggio, il suo essere immigrata in terra straniera ce lo racconta lei stessa nel bellissimo libro Anarchici, grazie a Dio, la cui prefazione è stata scritta proprio da Amado. Un libro  "fondamentale per la comprensione dello sviluppo del paese e delle sue origini culturali". Così, nuovamente, ritroviamo la bellezza e la forza del Brasile nella sua capacità di accogliere ed integrare, di divenire un rifugio per i cittadini del mondo e di appropriarsi dei sogni immortali della sua gente.

" Si finisce per capire in che modo quegli italiani diventarono autentici brasiliani mettendo al mondo figli brasiliani, così come è stato per gli arabi, i negri, gli ebrei, gli slavi, gli ungheresi, i tedeschi a loro volta arrivati qua, perfettamente identici ai paolisti di più antica tradizione. É così che la nazione brasiliana si rimodella continuamente, in una continua e saporosa mistura di sangue diverso". Non senza dolore, però, è stato pagato il prezzo di tale apertura, e, come spesso capita, a farne le spese sulla propria pelle sono gli esseri accoglienti per natura, le donne.

Grazie anche alla figura di Zélia, come musa ispiratrice, rimangono infatti indimenticabili le figure feminili protagoniste dei romanzi di Amado a partire dalla fine degli anni ‘50. Donne che si conquistano con la forza il diritto ad amare e lottano con il mondo maschile per superare il binomio sesso-peccato ed affermare così i loro diritti, le loro scelte ed in definitiva la loro stessa esistenza. Incontriamo così l'universo di Gabriela, Dona Flor, Tieta do Agreste e Teresa Batista, donne non soltanto belle, ma soprattutto dotate di straordinario fascino umano. Donne che si confrontano con una società pervasa dalla sopraffazione con il tocco ineffabile della seduzione e dell'innocenza.

Ecco, si potrebbe ipotizzare che il lascito più importante di Amado, la sua, la nostra presa di coscienza, sia credere in un Brasile capace di staccarsi dal passato senza rinunciare alla gioia di vivere, alla capacità di amare, di concedersi e accogliere. Sullo sfondo di una festosa e primitiva irrazionalità, Amado interpella i meccanismi di presa di coscienza politica. Da qui il suo singolarissimo talento nell’intrecciare il carnevale, il Candomblé e la sensualità dei tropici con lo sfruttamento dei lavoratori e le cicatrici ancora aperte dai tempi della schiavitù.

Insomma, nei libri di Amado c’è l’essenza del Brasile, la sua storia, la sua cultura, in una parola, la sua gente. Perchè scopo essenziale del lavoro di Amado è quello di difendere i valori più alti della cultura popolare. Proprio oggi nella società del consumismo, della globalizzazione e del livellamento culturale ad un modello unico ed imperante, il modo migliore per rendere omaggio allo scrittore, nato 100 anni fa, che più di tutti ha lottato per mantere vive e raccontare le tante culture del suo enorme paese, è leggerlo, far echeggiare nell’aria il suono delle sua voce.

Qualcuno ha detto che le rose profumano per mestiere, Amado, per mestiere, era uno scrittore, l’autore che 100 anni fa  ha diffuso nel mondo non solo l’immagine più vivace e colorata del Brasile, ma anche la più vera e commovente.
 
Fabio Porta e' dal 2008 deputato al Parlamento italiano per la Circoscrizione Estero (Ripartizione America Meridionale), eletto nelle liste del PD. Attualmente è Vice Presidente del Comitato Permanente per gli italiani all’estero della Camera dei Deputati e Presidente dell’Associazione di Amicizia Italia-Brasile, da lui stesso fondata nel 2010. E' nato a Caltagirone (CT) il 5 novembre del 1963. E’ sposato e ha due figlie.  Si è laureato in Sociologia Economica presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Dal 1982 al 1986 è Segretario Nazionale del Movimento di Azione Cattolica. Dal 1987 al 1994 lavora presso la Unione Italiana del Lavoro, occupandosi di emigrazione, immigrazione e cooperazione allo sviluppo. Nel 1995 ha iniziato la sua esperienza “brasiliana” trasferendovisi come coordinatore di un progetto di cooperazione dello sviluppo del Ministero degli Esteri; dal 1999 è Presidente del Patronato ITAL-UIL in Brasile e Coordinatore della Unione Italiani nel Mondo in Sudamerica. Nel 2004 è stato eletto nel COMITES (Comitato degli italiani all’estero) di San Paolo, divenendone Vice Presidente.